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lunedì 11 maggio 2009

Italia, paese di disoccupati o di precari?

Italia, paese di disoccupati o di precari?



di Valentina Pannunzi



Che in Italia sia difficile trovare lavoro non è una novità, figuriamoci trovarlo in base alle proprie competenze o agli studi fatti all’università e i dati riportati dall’Istat non smentiscono questa scoraggiante realtà. La disoccupazione è in salita, nel terzo trimestre dell'anno il numero delle persone in cerca di lavoro ha registrato il terzo aumento tendenziale consecutivo, portandosi a 1.527.000 unità (+127.000 unità, pari al +9% rispetto al terzo trimestre 2007). Secondo l'Istat, il tasso di disoccupazione è aumentato di mezzo punto percentuale rispetto ad un anno prima, posizionandosi al 6,1% , tale aumento è dovuto anche alla crescita degli inattivi e degli ex-occupati. In confronto al secondo trimestre 2008, al netto dei fattori stagionali, il tasso di disoccupazione è diminuito di un decimo di punto. Il numero di occupati, sempre nel terzo trimestre dell’anno, è risultato pari a 23.518.000 unità, manifestando un aumento su base annua dello 0,4 % (+101.000 unità), con una crescita in deciso rallentamento rispetto al passato. Il risultato, rileva l'Istituto, riflette ancora una volta l'incremento della popolazione straniera registrata in anagrafe. In termini destagionalizzati, in confronto al secondo trimestre 2008, l'occupazione nell'insieme del territorio nazionale ha registrato un marginale incremento, pari allo 0,1%. Il tasso di occupazione della popolazione tra 15 e 64 anni è diminuito di un decimo di punto rispetto al terzo trimestre 2007, portandosi al 59%.



In calo anche l’occupazione maschile, nel terzo trimestre dell’anno risulta pari allo 0,2% (-27.000 unità) rispetto allo stesso trimestre dell'anno scorso: è il primo dato con segno negativo per gli uomini dal quarto trimestre del 1997. Al contrario, sale l'occupazione femminile: nello stesso trimestre dell'anno, ha segnato un incremento dell'1,4% (pari a 127.000 unità), sempre nel confronto con il medesimo periodo del 2007. Segno positivo anche per l'occupazione straniera che è cresciuta di 285.000 unità (+152.000 uomini e +133.000 donne) soprattutto per i neo comunitari e specialmente nel nord.



Per quanto riguarda l’occupazione giovanile, la Banca Centrale europea delinea un peggioramento della situazione in Italia. Nel 2007 il tasso di disoccupazione giovanile italiano tra i 15 e i 26 anni è stato del 18,6%, molto al di sopra rispetto al 15,3% rilevato nello stesso periodo nell'Eurozona. Per l'Italia è il dato peggiore dal 1983 ad oggi. I precari italiani ammontano complessivamente a 3.3 milioni di lavoratori. La metà dei precari ha meno di 26 anni e un futuro ancora tutto da costruire. Il rapporto della Bce individua tra le cause della disoccupazione giovanile italiana il mercato del lavoro, da un lato la rigidità nei salari di chi ha un buon posto di lavoro, dall'altro l'abuso della leva della flessibilità lavorativa che spesso si trasforma in sfruttamento lavorativo di lungo periodo, senza formazione e senza possibilità d'impiego stabile per la persona.



Il tasso di disoccupazione del Sud (11,8%) è rimasto molto più elevato in confronto a quello del Nord (3,8%) e del Centro (6,4%) e si è registrato anche un allargamento dell’area della disoccupazione soprattutto per le persone che un anno fa si dichiaravano inattive. Si tratta spesso di donne che prima erano scoraggiate a trovare un impiego ma che ora, a causa del peggioramento delle condizioni economiche, sono costrette comunque a rimettersi in gioco nel mercato del lavoro. Un’assoluta novità, è che il tasso di disoccupazione degli immigrati è cresciuto per la prima volta, passando dal 7,6% del secondo trimestre 2007 all’8,8% attuale. I settori che hanno registrato una grande perdita sono stati l’agricoltura che ha registrato un calo di occupati del 3,1% che ha interessato sia il lavoro autonomo sia quello dipendente e, sotto il profilo territoriale, il nord e il sud. L'industria ha avuto un'ulteriore riduzione dell'occupazione -1,0%, concentrata nel lavoro indipendente. Il terziario, infine, fa segnare un aumento dell'occupazione su base annua pari all'1,0%.



Ma non è finita. L’Italia è anche il paese dei precari, di persone che si trovano con un lavoro a tempo determinato anche oltre i quarant’anni. Infatti pensare che il lavoro instabile riguardi solo una particolare classe d'età e un'area geografica sarebbe un errore. E’ vero che la maggior parte dell'occupazione a tempo determinato si riguarda i lavoratori dai 15 ai 29 anni, ma è anche vero che ci sono oltre mezzo milione di precari fra i 30 e i 40 anni e altrettanti dai quarant'anni in su. Non è semplice passare da un lavoro instabile ad uno stabile e questo incide anche da un punto di vista demografico della popolazione.



I precari nel nostro paese sono circa 4.000.000 e i contratti più diffusi sono quelli a tempo e quelli a progetto. Dal X rapporto AlmaLaurea presentato il 29 Febbraio 2008 presso l’Università di Catania, emerge una condizione occupazionale dei laureati stazionaria. Rispetto al 2007, quando tutti gli indicatori mostravano inequivocabilmente il segno meno, si osservano lievi segnali di ripresa. Ma solo limitatamente al primo ingresso nel mercato del lavoro. Segnali assenti o appena percettibili contraddistinguono il medio-lungo periodo. Ad un anno dalla laurea lavorano 53 laureati su cento. Aumenta, in modo lieve, il tasso di occupazione (+0,6 punti percentuali), diminuisce quello di disoccupazione (-0,5). Aumenta, anche se di poco, il lavoro stabile (+0,6). A cinque anni dalla laurea lavorano 85 laureati su cento (- 0,3 punti). A cinque anni dalla laurea il lavoro stabile si amplia fino a coinvolgere 70 laureati su cento. Ma resta consistente il lavoro precario: sia a un anno (48%) che a cinque anni dalla laurea (27%). Le differenze di genere, pur riducendosi a uno e cinque anni (1-2 punti), rimangono elevate: 7 punti a uno e a cinque anni dalla laurea. Rimane preoccupante il divario tra Nord e Sud: 23 punti percentuali a un anno dalla laurea, 12 punti a cinque anni. Le retribuzioni, già modeste (1.040 euro mensili netti per un neolaureato, 1.342 dopo cinque anni), continuano a perdere potere d’acquisto. Fatto 100 il guadagno del laureato del 2001, il laureato intervistato nel 2007 guadagna 92,9: ancora meno dell’anno precedente (94,7).



Quanto alla durata, quella media del contratto flessibile, in Italia, è di 12,8 mesi ma il 37% dei lavoratori temporanei firma accordi che garantiscono solo sei mesi di lavoro e solo il 19,6% dei precari può contare su una occupazione garantita per due anni. Un futuro troppo corto per fare progetti e questo bisognerebbe dirlo al ministro Brunetta che parlando dei precari afferma “Non saranno a spasso, si cercheranno qualcos’ altro da fare. Altri progetti, altre esperienze, magari in giro per il mondo”. In questo modo, si avrà ancora una volta la “fuga dei cervelli” all’estero e l’Italia andrà sempre peggio. Ma se invece di alzare provasse ad abbassare l’età pensionistica? Questo è un buon consiglio per il Ministro.

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2 commenti:

  1. ragazzi secondo me bisognerebbe pensare ad una vera e propria riforma dell'università se si vogliono migliorare le condizioni di lavoro dei giovani neolaureati... io sono stata costretta ad iscrivermi ad un'università telematica (l'unisu) per studiare e lavorare, altrimenti mi sarebbe stato impossibile. Credoche bisognerebbe prestare maggiore attenzione a chi inizia a lavorare già durante gli studi

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  2. buona scelta , l'università e' un mondo di squali e' gia' li' ke si kapisce come funziona il lavoro in italia...............

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