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mercoledì 2 dicembre 2009

La guerra dell'auto e il lavoro

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La guerra dell'auto e il lavoro


«Siamo stati chiari, dopo la fine del 2011 Termini Imerese non produrrà più auto». Chiaro mica tanto, l’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne. Uscendo dall’incontro di questa mattina con il ministro per lo sviluppo economico, Claudio Scajola, Marchionne annuncia uno sviluppo diverso per lo stabilimento siciliano, ma rimanda tutto al 21 dicembre, quando presenterà a governo e parti sociali il piano messo a punto dalla Fiat. E allora, giusto alla vigilia di Natale, forse anche i lavoratori dell’auto italiana sapranno qualcosa del loro futuro e, magari, anche quelli di Termini Imerese conosceranno che cosa è quel qualcos’altro diverso dall’auto che dovrebbero produrre dopo la fine del 2011.
Se non fosse che dall’altra parte c’è un’industria come la Fiat e un ministro come Scajola, potrebbe essere l’occasione per preparare il terreno a un’«industria della mobilità», volano certamente di più occupazione e più stabile di quella dell’auto. Sull’«auto insostenibile» ha scritto di recente Gaetano Lamanna, Spi Cgil nazionale, parlando appunto dell’industria della mobilità in alternativa a quella dell’auto «in un’ottica nuova e attenta ai problemi della sostenibilità ambientale e della riconversione graduale di questo importante comparto dell’industria». E’ un tema che dovrebbero affrontare con più attenzione anche i sindacati di categoria, che, per difendere i posti di lavoro non solo oggi ma anche nel futuro prossimo, dovrebbero pensare a qualcosa di diverso che non sia solo l’auto privata. Ma, oggi, tutti chiedono nient’altro che incrementare di molto la produzione di auto in Italia, almeno 900 mila vetture l’anno dice il governo. «Un numero non astronomico», risponde Marchionne, che ha ostentato indifferenza sul tema degli incentivi: è il governo a decidere, ha detto secco. Invece, per la Fiom, 900 mila auto sono un obiettivo modesto, una produzione sottodimensionata rispetto alle capacità produttive in Italia: «Significa una drastica riduzione della produzione in Italia. Sicuramente con questi numeri non si salva Termini Imerese. Da quello che circola, un terzo o quasi di queste 900 mila auto sarebbero nuove Panda. Come piano, in proiezione pluriennale, è inconsistente».

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