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sabato 21 agosto 2010

La rivolta dei pastori, SARDEGNA





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SARDEGNA. Gli allevatori locali bloccano aeroporti, strade e città. Da Alghero il Movimento autonomo chiede «soluzioni entro settembre, altrimenti moriremo». Mentre Coldiretti, a Cagliari, sta affinando le sue proposte.
La protesta degli allevatori sardi cresce di intensità e si sviluppa lungo almeno due direttrici. Da un lato il Movimento pastori sardi, d’origine spontanea, guidato da Felice Floris sta movimentando l’isola a colpi di blitz: dopo la chiusura dell’aeroporto di Olbia, ieri è stata la volta di quello di Alghero che è stato letteralmente interdetto ai viaggiatori per il sit in organizzato lungo le strade d’accesso allo scalo. L’altro fronte, più aperto alla contrattazione, si è dato invece appuntamento a Cagliari dove, sotto la direzione della Coldiretti, sono stati indetti gli Stati generali dell’agricoltura.

Mentre si attende la data del 30 agosto, quando il ministero delle Politiche agricole dovrebbe ricevere la rappresentanza del settore ovicaprino, i pastori sardi continuano a denunciare lo stato di estrema difficoltà delle proprie aziende. «Stiamo crescendo in misura esponenziale, sempre più compatti e coesi», ha detto Felice Floris commentando la partecipazione alla manifestazione di ieri che è stata appoggiata da molti sindaci dei paesi vicini.

«Le amministrazioni locali stanno facendo propria la battaglia della pastorizia sarda», ha notato Daniele Cocco, consigliere regionale dell’Italia dei valori, aggiungendo che ora «sta alla Regione fare la sua parte perché da quando si è insediata la nuova giunta non una delle promesse fatte per il rilancio del settore è stata mantenuta». Dito puntato, in particolare, contro l’assessore regionale Andrea Prato contro cui si è espresso anche il Partito democratico: «Non è mai stato in grado di dare risposte agli operatori del settore», hanno fatto sapere dagli scranni regionali dell’opposizione. Mentre i tempi stringono.

«A settembre devono arrivare le soluzioni per salvare il mondo agropastorale, altrimenti a ottobre saremo già morti», ha denunciato Floris. L’intervento deve essere immediato perché sono oltre 70mila gli allevamenti italiani nei quali ci sono quasi 7 milioni di pecore, con la metà del latte prodotto nello Stivale che arriva proprio dalla Sardegna. Pagato 60 centesimi di euro al litro, il latte sardo è venduto ben al di sotto dei costi di produzione e, ha ricordato la Coldiretti, «su valori inferiori del 25 per cento rispetto a due anni fa». La situazione della pastorizia in Sardegna è «drammatica», ha incalzato il consigliere dell’Idv Cocco, «e l’insularità si sta dimostrando un grave handicap per il settore.

Traporti ed energia hanno infatti costi così elevati che ormai hanno creato un gap incolmabile per le aziende». I magazzini sono pieni di forme di formaggio invendute e le aziende sono strozzate dai debiti. Al punto che nemmeno è più possibile loro accedere ai bandi di finanziamento europei che richiedono requisiti minimi a garanzia della produttività.

Il Movimento dei pastori sardi sta portando in giro per la regione la piattaforma in dodici punti su cui articolare una risposta alla crisi: si va dal contenimento del costo dell’acqua necessaria all’irrigazione dei campi alla promozione di canali legislativi privilegiati per l’elettrificazione delle aziende e lo sviluppo delle energie rinnovabili. Ma il successo della proposta è rimesso, ancora una volta, agli umori della Regione. 

DI Dina Galano

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