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lunedì 1 ottobre 2012

Ilva di Taranto : Lavorare per morire?

 

Lavorare per morire?

 Al Teatro Valle Occupato si parla dell’ Ilva di Taranto


Dopo aver fatto irruzione nella piazza armati solo di un altoparlante e delegittimando i sindacati , l’Apecar del “Comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti” fa rotta verso il Teatro Valle Occupato per discutere in un’assemblea pubblica del paradosso nazionale “Ilva Taranto” dove lavoro, salute, ambiente sono ancora lontanti da una riconciliazione.
Gli scenari futuri sono disegnabili sulla scia delle intenzioni di chi, nonostante la crisi dell’ acciaio, ha interesse a restare nella città. Cercare una soluzione sull’ Ilva è questione intricata, ma sul palco i membri del comitato hanno cercato di sbrogliarla portando con loro le testimonianze dirette delle lotte che conducono nella città ionica, giovani che tra salute e lavoro optano per una terza via che è sintesi di tutte, la vita.
All’ apertura dell’ Assemblea un video racconta dei quartieri a ridosso del mostro, Tamburi, Borgo, Paolo Sesto, della Città vecchia, dei giardini impregnati di veleno, dove la diossina è solo una delle polveri quotidianamente respirate, dove i bambini a due mesi hanno il primo attacco d’asma. “Il sindaco- dice Giuseppe che vive da trent’ anni nel quartiere Tamburi- ha predisposto ben due ordinanze su quei giardini che dovrebbero essere recintati, sottoposti a bonifiche pesanti”, ma da quando giocava con le mani perennemente nere non è cambiato nulla. “Non so quando, ma so già di cosa morirò, a meno che non io non resti vittima di un evento traumatico”.
Perché Taranto è vista così dagli stessi tarantini, un paese di “morti che camminano” dove non si è prodotto solo un inquinamento ambientale, ma un inquinamento delle coscienze, dove “è meglio morire di tumore che di fame”. L’azienda di Riva ha creato anche questo, una spaccatura identitaria non solo dell’ intera città, ma all’interno della persona stessa divisa tra la coscienza di essere operaio dell’Ilva e la coscienza di essere cittadino di Taranto. “Prima non c’ era possibilità di dialogo neanche con i parenti che lavoravano all’ Ilva” racconta Francesca, membro del Comitato. I sindacati finora hanno alimentato questa spaccatura schierandosi dalla parte di Riva e difendendo l’azienda dai provvedimenti del Gip, è ciò viene fuori dai racconti di Stefano, operaio e cittadino che si è ribellato al sistema. Ma le cose sembra che stiano cambiando. Il movimento funge da collante preciso ricomponendo una frattura che sembrava insanabile e molti sono gli operai che si sono staccati dai sindacati ci dice Emiliano. Taranto appare oggi così ai nostri occhi come un laboratorio politico dove si lavora per la riconversione, il controllo dal basso, per una nuova idea di rappresentanza.
Quando si parla delle acciaierie messe in piedi in una città a vocazione turistica è un obbligo parlare della classe operaia, della sinistra industrialista e della logica del profitto “Taranto- commenta Giuseppe De Marzo di A Sud- è stata sacrificata per ammettere una crescita economica che in realtà è antieconomica perché non ridistribuisce i profitti” e a prova di ciò basta dare un’ occhiata ai livelli di occupazione registrati nella città ionica. Tra gli altri argomenti toccati dall’ assemblea- alla quale sono intervenuti anche Lidia Giannotti di PeaceLink,il CollettivoLab_Aut di Barletta, il Collettivo Bancarotta di Bagnoli- dal sistema di disinformazione ai blocchi della statale 100 e 106, dagli ampliamenti del porto all’ inchiesta bis sul colosso dell’ acciaio Ambiente Venduto, fino all’ assenza di un registro tumori.

di Lucia Varasano
http://www.mediapolitika.com/?p=5265

LINK 

Teatro Valle Occupato

http://www.teatrovalleoccupato.it/
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