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mercoledì 24 settembre 2014

Articolo 18 per i neoassunti dopo tre anni



Lavoro, minoranza Pd: "Articolo 18 per i neoassunti dopo tre anni".
Serracchiani: "Renzi non accetterà veti"
Partito democratico diviso, la sinistra scopre le carte e minaccia un referendum interno. Chiesto un incontro con Renzi. In tutto 700 emendamenti al Ddl. Bersani torna all'attacco del premier: "Chiedo rispetto". Il ministro Poletti: "Le polemiche sul licenziamento discriminatorio sono infondate". Sacconi: "Proposte irricevibili"

- La minoranza del Pd scopre le carte e mette sul tavolo sette emendamenti al Jobs act. Il principale prevede la piena tutela dell'articolo 18 per tutti i neoassunti dopo i primi tre anni di contratto a tutele crescenti. Il numero due del partito, Debora Serracchiani, dopo il monito di ieri del sottosegretario Luca Lotti, indirizza un nuovo messaggio ai 'dissidenti': "La posizione la decide la direzione. Renzi non accetterà veti". Tra i 35 firmatari al Senato, ci sono bersaniani, ma anche senatori vicini a Pippo Civati e oppositori dei tempi della riforma del Senato come Vannino Chiti, Corradino Mineo, Walter Tocci e Massimo Mucchetti. Gli emendamenti, oltre all'articolo 18, riguardano demansionamento, controllo a distanza e ammortizzatori. Il cammino del provvedimento si preannuncia tutt'altro che agevole: sono oltre 700 gli emendamenti presentati per l'Aula al Ddl delega sul lavoro, una quarantina dei quali provengono dal Pd.

Il confronto sull'articolo 18 preoccupa il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan che, in una intervista ad Avvenire, definisce il dibattito "surreale" perché  se si guardano i numeri ci si accorge che "i lavoratori 'impattati' dall'articolo 18 sono pochissime migliaia". Ma, avverte Padoan, "l'errore che proprio non possiamo permetterci oggi è interrompere il cammino di riforme. E il rischio c'è perchè le resistenze sono
forti". E annuncia l'impegno del governo per finanziare misure come "la nuova indennità di disoccupazione e la riduzione delle tasse sul lavoro".

Pierluigi Bersani, che questa mattina non ha partecipato alla riunione della minoranza Pd, è tornato all'attacco del premier intervistato da Giovanni Floris a diMartedì : "A Renzi dico che le accuse che mi muove lui sono le stesse di Tremonti e Fornero", ha affermato l'ex segretario Pd che si è rivolto al premier chiedendo rispetto: "Renzi ha preso il 40%? "Con il mio 25% Renzi sta governando. Io non ci sono al governo, mi va bene, non chiedo riconoscenza ma rispetto". Bersani ha escluso una possibile scissione ("Non esiste"), ma, sull'ipotesi di un patto con Forza Italia sulla riforma del lavoro, avverte: "Non c'è nessuna ragione nè politica nè numerica per rivolgersi ad altri". "Noi - ha aggiunto - un po' lo abbiamo smacchiato, il giaguaro. A Renzi consiglierei piuttosto di avere un rapporto un po' più amichevole col suo partito. Capisco che inventarsi un nemico al giorno sia una tecnica comunicativa e che ora ci sono capitato io. Ma qui bisogna risolvere i problemi del paese".

Il fronte degli oppositori ha diverse sfumature. C'è Cecilia Guerra, una delle firmatarie degli emendamenti, che parla di "cambiamenti costruttivi e non ideologici". E alla domanda se la minoranza del Pd voterà la legge delega anche se non recepisse gli emendamenti, la senatrice Guerra ha risposto: "Gli aut-aut non sono nel nostro spirito". Meno diplomatico il senatore Corradino Mineo: "Così come è, non la voto". Reagisce anche Gianni Cuperlo che non apprezza gli appelli alla disciplina giunti dagli uomini vicini a Renzi: "Un partito non è una ditta nè una caserma. È una comunità". Ma la vice presidente alla Camera, Marina Sereni avverte che "gli emendamenti complicano tutto": "Difendere il pluralismo nel Pd - aggiunge - non può significare che in parlamento ci si muove per componenti, mettendo in qualche modo gli organismi dirigenti di fronte al fatto compiuto.

Stamattina i senatori democratici si sono confrontati in un'assemblea a Palazzo Madama con il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti e il responsabile economia del partito, Filippo Taddei. Il ministro ha ribadito che non è mai stato in discussione il reintegro per i licenziamenti discriminatori: "Parola di ministro. Le polemiche in caso di licenziamento discriminatorio sono infondate. Sull'articolo 18 la mia posizione è che prima bisogna avere chiaro il quadro degli ammortizzatori. In ogni caso è una discussione aperta, ci penserà Renzi". Per Stefano Fassina "è ridicolo chi mette in mezzo il licenziamento discriminatorio come concessione alla minoranza, ci manca solo che il Pd pensi di derogare alla carta fondamentale dei diritti dell'uomo del 1948".

Contemporaneamente alla Camera si riunivano diverse anime del partito: da Pippo Civati a Vannino Chiti, da Rosy Bindi a Alfredo D'Attorre. La resa dei conti è rimandata a lunedì quando si terrà la direzione del partito. Di sicuro peseranno le dichiarazioni fatte ieri da Napolitano, interpretate come un appoggio alle riforme del governo. Vari pezzi del Pd hanno chiesto al premier un incontro per discutere le linee di un documento unitario sul lavoro da presentare in direzione. "Se Renzi non ci ascolta, saremo costretti a ricorrere al referendum interno" è la minaccia dei dissidenti. Ma una mano resta tesa. "Da parte nostra - spiega D'Attorre - c'è grande disponibilità e fiducia che si possa arrivare a una posizione unitaria". Taddei assicura che lunedì "daremo chiarezza sul reintegro". Chiarezza che pretende il presidente del Pd Matteo Orfini: "Sull'articolo 18 la delega è ambigua, bisogna dettagliarla - prosegue -. Possiamo discutere sulla progressività per il raggiungimento delle piene tutele, per un periodo di anni, ma il reintegro per i licenziamenti senza giusta causa deve essere mantenuto".

Il no del Ncd. Secco no di Maurizio Sacconi del Ncd alle modifiche proposte dalla sinistra Pd: "Gli emendamenti presentati dalla minoranza del Pd sono irricevibili per chi voglia riformare il mercato del lavoro. Essi ipotizzano il contratto a tempo indeterminato con un assurdo periodo di prova di tre anni senza articolo 18 confermando, tra l'altro, che l'articolo 18 è modificabile ma poco. È una proposta senza senso perchè la flessibilità in un triennio è già garantita dalla liberalizzazione dei contratti a termine".

NON CAPISCO COSA CENTRA L' ARTICOLO 18

IL GOVERNO DEVE CREARE LAVORO 

NON AUMENTARE LA POSSIBILITA'

DI LICENZIAMENTO

LEGGI ANCHE :

http://cipiri.blogspot.it/2014/09/renzi-non-mi-convince.html

Renzi non mi Convince


Il nemico allo specchio

 Devo essere sincero: Renzi non mi convince. Non tanto per le idee e il coraggio....



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