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mercoledì 26 agosto 2015

Cornice per Immagini Random


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Il priapismo è un disturbo andrologico 
che provoca una erezione anomala,,,



Legambiente: «Basta lacrime di coccodrillo» Nubifragio in Calabria.
«Rischi e danni continueranno grazie alla gestione irresponsabile del territorio»

Le immagini che giungono dalla Calabria, nuovamente colpita da un nubifragio e dove permane un’allerta meteo per altre 24 ore, sono terribili e il presidente di Legambiente Calabria Francesco Falcone ha detto: «Vogliamo esprimere solidarietà e vicinanza ai concittadini di Rossano e Corigliano, delle zone del catanzarese e del reggino, e alle istituzioni in questa fase delicata di emergenza e soccorso  La Regione dichiari lo stato di emergenza e metta mano al piano di difesa del suolo e allo stop al consumo di suolo. Solo fermando la cementificazione selvaggia, l’aggressione ai fiumi e ai boschi sarà possibile diminuire i rischi degli effetti climatici estremi, oggi sempre più frequenti»...


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ED I RAPPORTI DI COPPIA



PEDOFILIA E FASCISMO
Quello che fece Montanelli si chiamava "madamato" ed era una pratica molto in voga nel 1936; tutti i fascisti avevano la propria madama minorenne dentro al letto...


La libertà è una sola: le catene imposte a uno di noi
 pesano sulle spalle di tutti. 
Nelson Mandela


I POLITICI E LA TASSA SULL'ARIA 
CHE RESPIRIAMO



C’era una volta un popolo così IGNORANTE
 che conosceva di più le REGOLE DEL CALCIO 
che i propri DIRITTI.
L'Italia è un paziente malato di mente. Malato grave. 
Dal punto di vista psichiatrico, direi che è da ricovero...


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sabato 22 agosto 2015

Lavori Pericolosi o Stupidi


IL FINE, GIUSTIFICA I MEZZI PER RAGGIUNGERLO ?
Capita spesso Lavorando o anche durante il Tempo Libero
di commettere delle scorrettezze grossolane a discapito
della propria Sicurezza e quella degli Altri.



ECCONE ALCUNI ESEMPI






IL FILO DELLA CORRENTE ELETTRICA NELLA PISCINA
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Nuovi Analfabeti nei Social Network



I nuovi analfabeti che usano Facebook,  non sanno interpretare la realtà
Se chiudo gli occhi e immagino un analfabeta, penso ad una persona che firma con una X al posto del nome.





Ma sbaglio.
Un analfabeta, ci ha ricordato l’OCSE pochi giorni fa, è anche una persona che sa scrivere il suo nome e che magari aggiorna il suo status  su Facebook, ma che non è capace “di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere con testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità”.
Certo, sono due analfabetismi diversi: quello di secondo tipo si chiama analfabetismo funzionale e
riguarda quasi 3 italiani su 10, il dato più alto in Europa.

Un analfabeta funzionale, apparentemente, non deve chiedere aiuto a nessuno, come invece
succedeva una volta, quando esisteva una vera e propria professione – lo scrivano – per indicare le
persone che, a pagamento, leggevano e scrivevano le lettere per i parenti lontani.
Un analfabeta funzionale, però, anche se apparentemente autonomo, non capisce i termini di una
polizza assicurativa, non comprende il senso di un articolo pubblicato su un quotidiano, non è capace di riassumere e di appassionarsi ad un testo scritto, non è in grado di interpretare un grafico.


Non è capace, quindi, di leggere e comprendere la società complessa nella quale si trova a vivere.

Tre italiani su 10, ci dice l‘OCSE, si informano (o non si informano), votano (o non votano), lavorano (o non lavorano), seguendo soltanto una capacità di analisi elementare: una capacità di analisi, quindi,
che non solo sfugge la complessità, ma che anche davanti ad un evento complesso (la crisi economica, le guerre, la politica nazionale o internazionale, lo spread) è capace di trarre solo una comprensione basilare.
Un analfabeta funzionale, quindi, traduce il mondo paragonandolo esclusivamente alle sue esperienze dirette (la crisi economica è soltanto la diminuzione del suo potere d’acquisto, la guerra in Ucraina è un problema solo se aumenta il prezzo del gas, il taglio delle tasse è giusto anche se corrisponde ad un taglio dei servizi pubblici…) e non è capace di costruire un’analisi che tenga conto anche delle
conseguenze indirette, collettive, a lungo termine, lontane per spazio o per tempo.

Sarà che forse sono un po’ analfabeta funzionale anche io, ma leggendo i dati dell’OCSE ho subito
pensato ad un dialogo di qualche anno fa, tra me e una collega.
All’epoca ero una maestra della scuola primaria. Era una bella giornata di sole: io e la mia collega di
italiano avevamo portato le classi in terrazza per la ricreazione e parlavamo del più e del meno. Ad un certo punto mi è venuto in mente di consigliare alla collega di italiano la lettura di un libro che avevo
appena terminato e lei mi rispose, candidamente: Grazie, ma io non leggo libri.
Mai? chiesi.
Mai – rispose la collega – l’ultimo libro l’ho letto quando ho preso la maturità, perché dovevo portarlo all’esame. Non ho mica tempo, per leggere, e poi mi annoio.

Davanti ai dati dell’OCSE l’ex Ministro Carrozza si è affrettata a sottolinearne la drammaticità chiedendo una forte inversione di tendenza.
Ma, anche se all’allarme corrispondesse un reale investimento dell’attuale Governo – e, purtroppo, la
storia recente ci porta a dubitarne – quale diga fermerà il crollo verticale della cultura degli italiani, se a chi ci deve rappresentare e a chi ci deve insegnare non si impone di essere più preparato, e non meno preparato, del proprio popolo, dei propri impiegati, o della propria classe?
Non esiste cura, se i primi a rifiutare la complessità e l’approfondimento sono i nostri insegnanti, i nostri manager, i nostri politici.

La scuola italiana, da sempre fondata sul dogmatismo, ha visto annullate le proprie spinte verso un
insegnamento diverso, riducendosi alla trasmissione di competenze inutili, perché si dimenticano il
giorno dopo l’interrogazione, e che non insegnano a capire, ad analizzare, a criticare, a soppesare, a
riassumere.
Era il 1974, quando Sergio Endrigo, ispirandosi a Gianni Rodari, incise su un disco questo prologo
illuminante: Napoleone Bonaparte nacque ad Ajaccio il 15 agosto del 1769. Il 22 ottobre del 1784 lasciò la scuola militare di Briennes con il grado di cadetto. Nel settembre del 1785 fu promosso sottotenente.

Nel 1793 fu promosso generale, nel 1799 promosso primo console, nel 1804 si promosse imperatore.

Nel 1805 si promosse re d’Italia. E chi non ricorderà tutte queste date, sarà bocciato!

Dal 1974 le cose, se possibile, sono generalmente peggiorate.
I parametri Invalsi – lo strumento Europeo per la valutazione delle competenze – sono diventati in fretta praticamente l’unica cosa che la scuola si preoccupa di insegnare, riducendo la lungimiranza
dell’insegnamento alla verifica in programma, all’esame di fine anno.
Ma cosa rimane fuori da una scuola sdraiata sui parametri Invalsi (per i quali, in ogni caso, non
brilliamo, come competenza, in particolar modo nel Sud Italia)?
Rimangono fuori proprio le competenze che fanno di una persona un cittadino attivo, e non un
analfabeta funzionale: la capacità di scegliere un libro interessante, e di immergersi nella lettura, la
scelta di comprare un quotidiano, la capacità di valutare le proposte economiche e politiche nella loro (grandissima) complessità.

Per rispondere all’allarme dell’OCSE questo paese deve ribaltare il concetto stesso di competenza.
Una scuola dogmatica è una scuola che respinge, e che insegna senza insegnare.
Una scuola che costruisce e valorizza le competenze, invece, è una scuola capace di accogliere, e di
insegnare gli strumenti di comprensione del mondo.
Un analfabeta può anche imparare a memoria che Napoleone Bonaparte nacque ad Ajaccio il 15 agosto del 1769, e che nel 1805 si promosse re d’Italia, ma non per questo avrà gli strumenti per accogliere ed analizzare la complessità della società in cui vive.
E anche lui, come i ragazzi che spesso la nostra scuola respinge – quelli che non vengono messi in
grado neanche imparare le date a memoria – rischia di entrare a far parte di quel folto gruppo per i quali la guerra in Ucraina è un problema solo se aumenta la bolletta del gas.



LEGGI ANCHE : 




L'Italia è un paziente malato di mente. Malato grave.
Dal punto di vista psichiatrico, direi che è da ricovero. Però non ci sono più i manicomi”. Il professor Vittorino A...CONTINUA A LEGGERE http://cipiri.blogspot.it/2015/07/litalia-e-un-paziente-malato-di-mente.html




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